Nato a San Polo d'Enza nel 1909, Sesto Rocchi si avvicinò alla liuteria in giovane età, dopo aver tentato di riparare il violino che suonava per diletto. Entrò in contatto con Gaetano Sgarabotto intorno al 1927, nella cui bottega apprese i primi rudimenti del mestiere. Nel 1929, dopo l'apertura della Scuola di liuteria annessa al Conservatorio di musica cittadino, Rocchi venne incluso, assieme a Raffaele Vaccari, fra gli allievi adulti del corso che erano ammessi anche da fuori provincia; al contrario del suo compagno però, Rocchi non terminò il corso, che frequentò circa per un anno e mezzo. Nel periodo successivo il giovane liutaio iniziò a frequentare il laboratorio di campagna dei Bisiach a Venegono Superiore, fino a trasferirvisi per perfezionarsi ulteriormente. Prima della guerra Rocchi passò un periodo di lavoro in laboratori tedeschi, ma venne poi arruolato e fu costretto a interrompere l'attività per lunghi anni. A partire dalla fine degli anni '40 egli riprese nuovamente a costruire strumenti, che nel periodo successivo gli valsero un buonissimo successo e lo resero uno dei liutai più noti del secondo dopoguerra.
Il suo stile maturo si mostra meno influenzato dalla lezione degli Sgarabotto rispetto alla tradizione della liuteria milanese a cui Rocchi si ispira maggiormente. I modelli sono derivati in particolar modo dagli Amati e tendono a essere larghi e tondeggianti, con una finitura dei bordi morbida e arrotondata; anche le volute sono ampie, con un occhio centrale stondato e di grandi dimensioni. I fori armonici hanno un posizionamento piuttosto ravvicinato e inclinato; gli occhi sono tondeggianti e le tacche ben dimensionate. La vernice è di buona qualità e i materiali scelti con cura. Come gli Sgarabotto, anche Sesto Rocchi usava dare un nome ai suoi strumenti.